Il gesto del dono: dove inizia davvero la storia della Società Benefit
Dove inizia la storia delle Società Benefit? Prima che esistessero i bilanci sociali, le normative sulla sostenibilità e i modelli di governance, l’essere umano conosceva un gesto semplice, gentile, universale: donare. Un gesto che, prima di creare valore, crea relazione. Il dono infatti non è mai un atto isolato: è un ponte, una forma di riconoscimento reciproco. È il modo più antico che abbiamo per dire: “siamo parte della stessa storia”.
Il valore del dono non sta tanto nell’oggetto offerto, quanto nell’alleanza che attiva. Ogni gesto di dono mette in moto un circuito di fiducia, appartenenza e responsabilità. È una dinamica che precede l’economia, ma che ne costituisce la radice più profonda: senza relazione non c’è scambio e senza scambio non esiste alcuna forma di impresa. E poi valgono i “patti fra buoni“, come ci ricorda Marco Morganti.
Per questo, quando un imprenditore sceglie di restituire qualcosa alla propria comunità, non sta facendo un gesto accessorio: sta tornando alle origini. Sta riconoscendo che la sua attività esiste grazie a un ecosistema di persone, luoghi, competenze e relazioni che lo rendono possibile.
La responsabilità d’impresa nasce qui, in questo desiderio umano di partecipare al benessere condiviso e di lasciare un segno che superi l’interesse individuale. È da questa radice — al tempo stesso emotiva, culturale e sociale — che si sviluppa il lungo percorso che porterà, molto tempo dopo, alla nascita delle Società Benefit.
I visionari che hanno anticipato il cambiamento: da Querini a Olivetti, fino al modello Y
La spinta verso il bene comune ha avuto da tempo protagonisti coraggiosi, capaci di vedere oltre il proprio tempo. Un po’ come il racconto dell’Uomo che piantava gli alberi di Jean Giomo. La storia di questi uomini e donne d’impresa è la dimostrazione che il concetto di impresa responsabile ha una data molto anteriore al momento in cui le società Benefit sono state riconosciute a livello ufficiale.
Giovanni Querini: il dono alla città di Venezia (1800)
Nel 1869 Giovanni Querini decide di lasciare tutto il suo patrimonio alla città di Venezia e compie un gesto che trasforma la sua ricchezza in valore per i cittadini. Alla base c’è la consapevolezza che un patrimonio non si compie pienamente se rimane chiuso nelle mani di pochi, ma cresce quando diventa una risorsa per la comunità.
È da questa intuizione che nasce l’idea di creare un luogo dedicato allo studio e alla cultura, uno spazio aperto, accessibile, trasformativo. La Fondazione Querini Stampalia prende forma con questo obiettivo: custodire e diffondere conoscenza, offrendo ai cittadini di Venezia un ambiente in cui leggere, confrontarsi, crescere. La biblioteca non è pensata come un archivio statico, ma come strumento di emancipazione e sviluppo del pensiero.
Questo gesto anticipa di oltre un secolo il principio alla base delle imprese responsabili e delle attuali Società Benefit: il valore deve circolare, tornare ai territori, generare nuove opportunità. In quel gesto di donare non c’è solo la fine di un’eredità personale, ma l’inizio di una relazione duratura tra un individuo e la sua città, in questo caso Venezia.
Adriano Olivetti: quando la fabbrica diventa comunità (inizio ’900)
È il 1933, Adriano Olivetti diventa direttore generale della Società Olivetti. Cammina per le strade di Ivrea infagottato nel suo lungo cappotto nero. Osserva le vite delle persone della città, intuisce che il lavoro ha senso se rimane umano. Allora immagina, sogna, vede il disegno di una società trasformata, sostenibile, più colta. E capisce che un’impresa non può limitarsi a “far lavorare” qualcuno: deve creare le condizioni per distribuire benessere, il moderno wellbeing. Così nascono biblioteche aziendali illuminate fino a tardi, ambulatori interni, asili nido per le famiglie, case progettate con cura e spazi. È il segno di un imprenditore che pensa alla fabbrica come a un luogo di vita, prima ancora che di produzione.
In tutto questo, Olivetti è convinto che per migliorare un’impresa bisogna capire le persone. Non solo osservarle, ma studiarle. Per questo assume Franco Ferrarotti, primo cattedratico italiano di sociologia, per studiare le dinamiche aziendali: perché un’impresa che non conosce le dinamiche sociali che la attraversano è cieca. La fabbrica diventa un laboratorio umano, un luogo dove produzione, cultura e relazioni quotidiane si intrecciano e si influenzano a vicenda.
Senza dichiararlo in modo programmatico, Olivetti anticipa ciò che oggi chiamiamo impresa responsabile, quella che sa dare risposte concrete alla società. Mostra che quando un’impresa investe nella vita delle persone, quando mette cultura e benessere al centro, il profitto non diminuisce: acquisisce valore, creatività e senso. Un secolo prima delle Società Benefit, Olivetti dimostra che un’impresa può essere molte cose insieme: un motore economico, un presidio culturale, un pezzo vivo di comunità.
Il modello Y: condivisione, scalabilità, sostenibilità integrale (2016)
Nel 2016, Massimiliano Braghin si trova davanti a una domanda semplice ma difficile: come può un’impresa creare valore per tutti, non solo per sé stessa?
Il modello Y nasce dall’idea che un progetto valga davvero solo se può essere condiviso, replicato, moltiplicato. Per questo mette al centro tre elementi: la condivisione, perché nessuna trasformazione è individuale, la scalabilità, perché il bene comune non deve restare un episodio e la sostenibilità integrale, perché l’energia — economica, sociale, ambientale — è un flusso che deve tornare a chi l’ha generata.
È questo approccio che dà forma a Infinityhub: un’impresa che riqualifica immobili e restituisce, simultaneamente, energia alle comunità, creando progetti che vivono sul territorio e grazie al territorio. Il modello Y porta nella contemporaneità la stessa idea che ha guidato i visionari del passato: il valore non è ciò che trattieni, ma ciò che fai circolare.
La Società Benefit: quando il bene comune diventa struttura
Dopo secoli in cui la responsabilità d’impresa si è espressa soprattutto attraverso gesti individuali — il dono di Querini, l’impresa-comunità sognata da Olivetti, il modello Y che porta la sostenibilità nel cuore del business — arriva il momento in cui queste intuizioni chiedono una forma stabile. Nel 2016 accade qualcosa rivoluzionario: l’Italia riconosce giuridicamente ciò che la storia aveva già mostrato. Nascono così le Società Benefit. È come se il pensiero di tanti imprenditori visionari, maturato nel tempo, trovasse finalmente una casa comune. Quello che Massimiliano Braghin definirebbe un grande “collasso della funzione d’onda e un potente entanglement“.
Questo passaggio segna una maturazione collettiva, l’affermarsi di una presa di consapevolezza. La responsabilità non è più solo un atto volontario, ma una scelta dichiarata, integrata nello statuto, visibile a tutti. Le Società Benefit riconciliano in modo esplicito profitto e impatto sociale, affermando che un’impresa non cresce davvero se ciò che costruisce non genera valore intorno a sé. È una nuova idea di economia: un’economia che considera persone, territori e ambiente come elementi essenziali, non come sfondo.
Per questo oggi le Società Benefit non rappresentano un trend, ma una necessità. Le imprese che guardano al futuro capiscono che non esiste più una strada alternativa: o si cresce insieme al contesto in cui si opera, oppure la crescita perde significato. Le Società Benefit funzionano perché costruiscono fiducia, attraggono talenti, rendono più solida l’impresa e raccontano una storia credibile sul suo ruolo nella società. Sono, a tutti gli effetti, la continuazione naturale di un percorso iniziato molto prima della loro nascita.
Per questo Infinityhub ha messo insieme la Fondazione Querini Stampalia, Assobenefit e una prestigiosa azienda Benefit del territorio Irinox S.p.A. Benefit per fare un viaggio in 5 atti dal passato al futuro. Vi chiederete, perché un evento diviso in atti? Perché ci ricorda il sociologo Erving Goffman che la vita sociale è teatro. Noi abbiamo ruoli diversi, questa è la natura stessa dell’interazione sociale.
Ci troviamo il 3 dicembre 2025 in Fondazione Querini Stampalia, dalle 14:30 per condividere storie che parlano di futuro.
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